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A volte ci costringiamo in una vita che non ci stimola perché abbiamo paura delle difficoltà che potremmo incontrare nel voler cambiare qualcosa. Ci auto convinciamo della difficoltà estrema o addirittura della impossibilitá di realizzare le nostre idee, perché?
e si e mö te lo venimo a di a te, perché sei bello!pensiamo ci siano due livelli di blocchi che influenzano il nostro fare:
1.0 – Livello “interno” 8 scala B terzo piano, il citofono é rotto bussare prego: esperienze vissute, meccanismi di autodifesa, identità costruita (ego)
2.0 – Livello “esterno”:
identità sociale, convenzioni, cultura/morale, micro comunità, riconoscimento sociale.
Non agiamo in nessun modo per invertire la tendenza perché la nostra mente “astuta” e “bigotta” evita, attraverso diversi escamotage, di farci fare
“se pur un sol piccolo passo”.
Scegliamo di sostituire un fare pratico con teorie e parole, lo “astraiamo” quindi, dalla realtà e dalla “tattilità”, così da renderlo “gassoso” e “inacchiappabile”.
Per questo poi ci giustifichiamo e auto convinciamo dell ́ impossibilitá di toccarlo ( realizzarlo ).
Se poi qualche volta facciamo, inconsciamente, sopra pensiero, o per gioco,
un piccolo tentativo, pratico, ci possiamo stupire della semplicità con la quale alcune cose possono essere fatte.
A volte basta solo qualche gesto, qualche “movimento”, che ci scastri dall ́ atrofizzazione nella quale ci siamo bloccati. Come un muscolo rimasto fermo a Lungo ( provincia di matera ) , il primo movimento per sbloccarlo é il più difficile.
Per “primo movimento”, noi perditori de tempo produttivo, intendiamo il primo passo pratico di creazione percepüibile, tangiübile e annusabüile.
Qualcosa che possa essere toccata, raccontata e vissuta realmente.
Il “primo movimento é rompere la teoria,
le immaginazioni proiettate del nostro cervello, disincastrarsi dalla centrifuga del loop.
Rallentare, spezzare, rompere, intervenire.
Fin quando rimaniamo nella teoria, tutto puó essere fatto e non fatto, non percepiamo rischi perché non affrontiamo l ́ aspetto pratico. Sviluppiamo un meccanismo mentale che non ci fa accettare la discrepanza tra aspettativa ed esperienza reale.
Che cosa é che ci blocca?
Quali sono i nostri blocchi?
Da dove provengono, come agiscono su di noi? Perché ci sembrano così reali, così difficili da affrontare? Come possiamo superarli?
Il nostro modo di fare é insieme personale e collettivo, si parte da noi per decostruire, modificare ed integrare, insieme agli ( e cipolle ) altri.
Si parte dalla avere sogni, dal credere in qualcosa, dando noi importanza e significato a quello in cui facciamo. Chi non crede in niente come passa le giornate?
Ma soprattutto le notti!
Non possiamo accontentarci di un mediocrità intesa come “sedativo emotivo”, ma dobbiamo riscoprire la magia indescrivibile di vedere qualcosa realizzato e che cambi,
anche solo per poche ore,
le vite nostre e degli altri.
Vorremmo preparare una mostra collettiva, che attraverso qualsiasi tipo di mezzo “artistico”, esprima il tema da noi suggerito. Il risultato vuole essere una rappresentazione collettiva delle nostre singolarità.
Riflettere, discutere ed immaginare insieme le sue forme,
creando armonia tra le nostre idee,
praticando insieme un
“altro” fare.
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